Home Pharma Dopo il Covid liste d’attesa in tilt e cure mancate. Tonino Aceti: “Serve federalismo solidale”

Dopo il Covid liste d’attesa in tilt e cure mancate. Tonino Aceti: “Serve federalismo solidale”

Dopo il Covid liste d’attesa in tilt e cure mancate. Tonino Aceti: “Serve federalismo solidale”

I numeri, letti aggregati, sono qualcosa di mai visto in Italia: nel 2020 oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019, cioè il –17%. Nel dettaglio sono circa 682.000 ricoveri con DRG medico e altri circa 620.000 con DRG chirurgico. Il valore economico corrisponde a 3,7 miliardi.

A saltare rispetto al 2019 oltre ai ricoveri programmati e cioè – 747.011, ci sono anche quelli urgenti che ne rappresentano il 42,6%, cioè –554.123. Ancora: le prestazioni ambulatoriali? Una contrazione rispetto all’anno pre-pandemia di144,5 milioni di prestazioni in meno (che dal punto di vista economico equivalgono a 2,1 miliardi). Nel dettaglio 90 milioni di prestazioni in meno di laboratorio, 8 milioni in meno di prestazioni di riabilitazione, 20 milioni di prestazioni di diagnostica perse.

Il report delle prestazioni sanitarie rinviate a causa Covid

Se da mesi True Pharma si occupa delle prestazioni saltate – con focus sulla cardiochirurgia – l’elenco aggregato di tutte le visite, gli screening, i controlli e le prestazioni sanitarie saltate causa Covid, prodotto nel 4° Report “Le cure mancate nel 2020” da Salutequità con una puntigliosa analisi “Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica” della Corte dei Conti, sono quelli che il Presidente dell’Associazione indipendente per la valutazione della qualità delle politiche per la salute, Tonino Aceti, definisce a True Pharma “uno tsunami”. “Uno tsunami” in arrivo, non ancora arrivato a riva.

L’ingorgo delle liste d’attesa dopo il Covid

L’impatto in termini di salute pubblica nei prossimi anni in termini di sostenibilità del servizio sanitario, mortalità, salute dei cittadini? Quasi impossibile “stimarlo ora” spiega Aceti che proprio con l’associazione sta realizzando un lavoro di “mappatura sistematico” per “capire bisogni e la necessità future” e da lì “decidere le politiche”.

Perché qual è il ragionamento? “Nei prossimi anni si recupererà ‘l’arretrato’ che deciderà politicamente e tecnicamente di recuperare – dice Aceti a True Pharma – perché una parte di questi pazienti sono conosciuti al sistema e mi riferisco per esempio a chi ha saltato delle visite di controllo.

Altri sono ignoti: quindi il cosa, il chi, quando e quanto vorremmo recuperare è una scelta politica che non può essere diversificata da regione a regione e che va presa adesso: si può decidere di non cercare queste persone mantenendo per ora volumetti standard di attività avendo in un domani un’ondata di pazienti e patologie, oppure si possono intercettare ora mettendo in campo politiche per non avere l’esplosione in futuro”.

Covid, i “settori” medici penalizzati dalla pandemia

Chi sono queste persone, famiglie, cronici cittadini? Di certo conosciamo i “settori” della scienza medica più colpiti dalla pandemia: i dati del report di Salutequità dicono che le aree maggiormente coinvolte sono quelle della Chirurgia Generale, Otorinolaringoiatria e Chirurgia Vascolare.

Per quanto riguarda l’ambito cardiovascolare si è assistito ad un calo di circa il 20% degli impianti di defibrillatori, pacemaker ed interventi cardiochirurgici maggiori. Riduzioni importante anche in ambito oncologico. I ricoveri di chirurgia oncologica, nonostante non dovessero subire interruzioni, hanno visto invece una contrazione del 13%.

I ricoveri per radioterapia e chemioterapia si sono ridotti rispettivamente del 15% e del 10%, del 30% i ricoveri per il tumore della mammella, del 20% per i tumori di polmone, pancreas e apparato gastro intestinale.

È invece pari all’8% la riduzione dei trapianti d’organi. Ancora più nel dettaglio: i ricoveri pediatrici hanno registrato una riduzione circa del 50%.È in aumento di circa il 40% rispetto al 2019 la rinuncia alle cure dei pazienti non-Covid.

Il 10% dei cittadini ha rinunciato alle cure. Va malissimo per chi era già affetto da altre patologie o, peggio, per chi avrebbe potuto evitarle grazie agli screening oncologici: nel periodo gennaio-settembre 2020 rispetto allo stesso periodo 2019 sono stati svolti 2.118.973 in meno di screening cervicale, mammografico e colorettale (-48,3%).

Liste d’attesa, quel tesoretto non speso dalle Regioni

Lo smacco forse più pesante? Che di fronte a questi dati che imporrebbe reazioni celeri ed efficienti, e nonostante la forte riduzione delle prestazioni svolte rispetto al 2019, circa il 67% delle risorse stanziate a livello naizonale nel 2020 volte proprio al recupero dell’attività non sono state spese dalle Regioni. L’accantonamento delle risorse è stato pari a circa il 96%, una cifra monstre, nelle Regioni meridionali e insulari. Di circa il 54% al Nord e del 45% al Centro dove le cose vanno meglio ma non certo in maniera ottimale.

“Federalismo solidale”: un’idea per la sanità del futuro

Proprio su questo punto batte Tonino Aceti nella campagna che sta portando avanti con l’associazione. Lanciando l’idea di “un federalismo solidale”. Cosa significa? “Che le competenze di una regione possano essere messe al servizio di un’altra”. Per esempio? “A una Regione inadempiente e che non riesce ad acquistare beni e servizi o a realizzare concorsi per il personale per inefficienza della macchina amministrativa, questa funzione la si fa svolgere a un’altro territorio dietro compensazione economica”.

La sanità italiana e il problema dei fondi non spesi

Perché la realtà è che in Italia, come noto, i soldi non si spendono anche quando ci sono: è un problema di governance, persone, competenze, profili professionali, strutture tecniche. Non solo di risorse e i numeri precedenti parlano chiaro: non sono stati spesi nemmeno i fondi emergenziali per il reclutamento del personale. Esempi? Dovevano entrare nel “sistema” 9.600 infermieri di comunità. Ne sono arrivati 1.600.

È vero che c’è un problema a monte di formazione e profili professionale ma l’impressione è anche che numeri così bassi si sarebbero potuti raggiungere e che invece molti coloro che sono entrati siano stati deviati sugli ospedali invece sul territorio. E negli ospedali il sistema sanitario “attende” il paziente. Mentre l’Italia ora ha bisogno di “poliche attive” di “andare a cercare nelle comunità”.

Come? “Aumentando il livello di informazione e sensibilizzazione, importando un governo dei servizi sanitari del territorio che non sia basato sull’attesa ma sull’iniziativa, andando fisicamente nelle comunità a interfacciarsi con le politiche sociali dei Comuni che conoscono le micro situazioni, magari perché è stato chiesto un reddito di emergenza o un sostegno affitto, ma a cui si associano anche rischi sanitari connessi”.

Si badi bene che così facendo per Aceti “avremo lo stesso un problema di volumi inevitabile ma sarà un problema governato, non che si presenta dal nulla”. Secondo? “Incrementare il livello di attenzione dei professionisti che stanno sul territorio attivando e spendendo le risorse dei decreti emergenziali che non state spese”. Terzo? “Il valore dei farmacisti, degli psicologi, dei presidi mobili per strada e nelle piazze che fanno campagne, degli assistenti sociali con attività sinergica fra socio e sanitario”. “È un dovere creare queste condizioni per chi voglia usarle. Altrimenti manteniamo tutto occulto, nascosto sotto il tappeto”.

Il sistema sanitario, le liste d’attesa e la sostenibilità dei conti

È un tema di diritti e salute – certo – ma è anche un tema di sostenibilità finanziaria del Ssn sul medio lungo periodo. Prendiamo per esempio il dato riportato dall’Osservatorio Nazionale Screening sulle lesioni tumorali non diagnosticate nel 2020. Un dato allarmante che mostra una riduzione di 13.011 diagnosi tra lesioni, carcinomi e adenomi avanzati. La contrazione dell’accesso alle cure ha influito anche sull’accesso alle terapie innovative e nel periodo gennaio-settembre 2020 la spesa dei farmaci innovativi non oncologici è calata di 122,4 milioni di euro.

Cosa significa? “Che un domani – chiude il Presidente di Salutequità – dal punto dei vista dei farmaci innovativi ad alto costo ne dovremo utilizzare volumi più elevati per garantire la salute, molti di più che non se prendessimo la lesione in un momento iniziale. Questo è il modello da perseguire, quello che intercetta i bisogni prima che diventino emergenza andando di pari passo con la sostenibilità economica”.